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Un compleanno, la Tate Modern e la frattura richiusa (2007-2013)

Era il 2007, una settimana di giugno in cui il caldo si alternava a raffiche di freddo e di vento e il cielo passava dall’azzurro al biancolatte. Addosso a me, cinque strati di vestiti, per far fronte alle variazioni repentine del clima della capitale che mi stava per accogliere.
Cercavo casa, e la trovai piuttosto velocemente. Fu colpo di fulmine: era il lower ground floor (una via di mezzo tra piano terra e basement) di una casetta vittoriana, poco piu’ di 50 metri quadrati con tanti rispostigli e un romantico giardino sul retro. Un prato all’inglese e un altissimo cespuglio di rosa sono stati il nostro sfogo esterno per oltre un anno e mezzo, in quel piccolissimo appartamento. Anche se all’esterno, in realta’,  a Londra ci stai poco. Per il tempo inclemente, ma anche per la presenza delle volpi, che di notte e di giorno attraversano i giardini in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Le loro urla notturne, le loro lotte con i piccioni (o con i gatti, chissa’), le ho ancora nella testa. Non ho mai lasciato mia figlia da sola in giardino, a causa delle volpi londinesi. Ogni tanto qualcuna attraversava incuriosita il prato vicino ai cespugli, si fermava guardandomi negli occhi, per poi scomparire nei giardini adiacenti.
E’ stata la nostra prima casa, a Londra. 
Il nostro nido.
Li’ e’ stata concepita la nostra Micro British Girl.
Da allora, quasi sei anni e tanti cieli diversi sono passati sopra di noi.
E’ arrivata casa-design, dalla quale e’ nato questo blog.
E tra poco ci sara’ un’altra casa, un altro luogo, un altro paese ad accoglierci.

Domenica e’ stato il mio compleanno. 
L’ultimo da londinesi (forse, chissa’ cosa ci riserva la vita, ancora!).
Un easy lunch con alcuni amici (vecchi e nuovi) al Founders Arms, un pub sulla riva del Tamigi proprio davanti alla Tate Modern, uno dei nostri luoghi preferiti, e’ stata la location giusta per festeggiarlo. E ora spiego il perche’.
Li’, nella sala delle turbine, l’altissimo ed ampio spazio che ospitava un tempo i generatori elettrici della vecchia stazione, i bambini hanno potuto correre e sfogarsi, dato che all’esterno si riusciva a stare si e no per non piu’ di due minuti e con un minimo di dieci strati di vestiti addosso: meno tre gradi centigradi e’ stata la temperatura media di questo marzo (l’ho appena sentito a BBC news). Colmo dell’ironia, domenica, c’era n’era soltanto uno. Un misero grado e tanto tanto vento (gelido). Non so se lo cooscete, il vento di Londra: ti spacca la pelle, in inverno. Se non avessi fatto un toast poco prima (cioe’, qui dicono toast per intendere un brindisi, capite in che paese ho vissuto? La prima volta che me l’hanno detto stavo per ribattere che io avrei preferito un bicchiere al toast!), insomma se non avessi avuto in corpo un po’ di prosecco non avrei retto nemmeno quei due minuti.
L’unica soluzione, dunque, era stare al chiuso.
Dentro la Tate Modern, sul pavimento, c’e’ ancora quella cicatrice richiusa.
Quella dell’installazione di Doris Salcedo, del 2007. Proprio quella. La ricordate?
Shibboleth, la frattura del mondo moderno.
Foto 1: Shibboleth, installazione di Doris Salcedo alla Tate Modern, Londra 2007 –  Foto 2: La cicatrice che c’e’ adesso, 2013
E’ stata la prima installazione che abbiamo visto, in quel grande enorme spazio vuoto. 
Ora e’ stata richiusa, con una gettata di cemento, e appare cosi’ come la vedete in foto.
Sembra una metafora di questi nostri anni a Londra. 
Come quella frattura, cosi’ si chiude un ciclo, anche per noi. 
Ma forse sto invecchiando e divento poetica.
Ci torneremo spesso, nella citta’ dei bus a due piani e delle mailbox rosse.
Dopotutto e’ la prima patria della  nostra British Girl.
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1 Comment
  • lacasasullascogliera

    27 Marzo 2013 at 13:43 Rispondi

    Ahhh, la Tate!!!! Quanto ha corso anche M. lì! sembra uno spazio fatto apposta per i bambini, anche se poi dentro è stato ancora meglio (sempre per i -2 che c’erano a marzo di due anni fa…). M. la adora e quando le chiedi cosa le piace di Londra, risponde la Tate e POI Build a Bear da Hamleys… Come vorrei essere lì.
    Baci.
    Elli

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